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NON BASTA LA CONDANNA PER SPACCIO DI STUPEFACENTI, AD OTTENERE L’ESPULSIONE DELL’IMMIGRATO L'Avvocato risponde 

NON BASTA LA CONDANNA PER SPACCIO DI STUPEFACENTI, AD OTTENERE L’ESPULSIONE DELL’IMMIGRATO

Rispondendo ai quesiti posti da molti lettori, sollecitati anche da un articolo pubblicato sul “Sole 24 Ore”, ci troviamo a dover riflettere che viviamo in un paese, a volte, molto strano, che attua in maniera quantomeno opinabile, leggi che hanno una matrice prettamente politica, più che legata ai dettami del diritto. È il caso di una cittadina nigeriana, condannata a 4 anni di reclusione per spaccio di stupefacenti, che è stata “spalleggiata”, nella sua richiesta di permanenza in Italia, nonostante un giustificato provvedimento di espulsione e rimpatrio.

La condanna non è stata ritenuta sufficiente a porre in atto il provvedimento, e ve ne spieghiamo di seguito i motivi, per quanto ci risulti difficile, ancora una volta, mettere d’accordo la logica con i provvedimenti di legge. La Suprema Corte di Cassazione, con Sentenza 42029/2022, ha stabilito che non possono essere attuati questi rimpatri, nei confronti di immigrati che potrebbero andare incontro, nel loro Paese, a problematiche di vario genere.

In Nigeria, la dimostrata omosessualità della nostra spacciatrice, è considerata reato e, come tale, perseguita a norma delle leggi di quella nazione. Quindi, per quanto il DPR 309/1990 contempli il provvedimento di espulsione per quegli immigrati che abbiano subito una condanna superiore ai 2 anni di carcere, ecco che arriva, come manna dal cielo per chi ha volontà di delinquere, il Decreto Lamorgese che, nel nome di un senso umanitario “a prescindere”, annulla gli effetti della norma, coadiuvata dalla Commissione Europea sui Diritti Umani.

Non è stata quindi sufficiente la condanna, per espellere l’immigrata, perché avrebbe potuto subire azioni discriminatorie, non tanto per essere una delinquente, ma in ragione delle sue tendenze sessuali. In nessun caso si può attuare un respingimento nei confronti di un immigrato, laddove ci sia fondato rischio di un trattamento persecutorio o degradante, nel suo paese di provenienza.

Non vogliamo attuare riflessioni a livello politico, perché non ci compete, soprattutto in questa sede: ci soffermiamo solo a valutare la stranezza di un provvedimento che consente, a chiunque delinqua nel nostro paese, di poter continuare ad usufruire dei benefici di un’accoglienza che pospone gli interessi della comunità, ai diritti dei singoli individui. Ci sembrerebbe evidente che, tali diritti, debbano essere conquistati e difesi, ed appare inaccettabile una protezione “a prescindere”, qualunque malefatta possa essere attuata.

La nostra legge, solitamente, punisce gli autori di un reato e determina anche delle pene accessorie: in questo caso oltre ai 4 anni di reclusione stabiliti per il reato di spaccio, sembrava ovvio attuare anche la pena accessoria dell’espulsione. Ma l’Italia dell’accoglienza indiscriminata, è sempre di più il “Bel Paese”: non vorremmo, però, che diventasse tale anche per chi ha volontà di delinquere, senza pagarne le dovute conseguenze!

L’articolo è stato realizzato dai consulenti dello Studio Legale Labonia.

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